martedì 29 settembre 2009

VIVA LA PRO-LOCO

Domenica scorsa abbiamo " lanciato un sasso nello stagno "  e già si parla animatamente della Pro-Loco e della necessità di rilanciarne l'immagine attraverso nuove iniziative e un rinnovato impegno. Ci congratuliamo con LA PIAZZA MAMERTINA per avere raccolto tempestivamente il nostro invito alla discussione e ci auguriamo che i nostri tentativi (congiunti) di focalizzare,sia pure per qualche giorno, l'attenzione su un Ente dotato di un così grande potenziale , possano sortire qualche risultato concreto. 

domenica 27 settembre 2009

BARACK OBAMA UN PRESIDENTE " ERETICO "

Prima di entrare nell’argomento del titolo , due notazioni :
A ) Ho letto e ponderato, tra i commenti del precedente argomento , quello indirizzato al Promotore e ai Redattori di questo Blog da un nostro, certamente illustre, concittadino ed ho capito che ci sono ancora energie per risollevare le sorti di Oppido. Questi uomini hanno fatto crescere la nostra società, certamente con l’esempio, chiaramente con le parole , come quelle di commento: metro per misurare noi stessi , monito per correggere i nostri, consapevoli ed inconsapevoli, errori, messaggio per mitigare , ciascuno di noi, l’arroganza.

Mi auguro di leggerla più spesso, nella forma che vorrà, ed anche se ci farà sentire il peso dei suoi rimproveri. Saranno utili, se qualche volta, un poco per carattere e un poco per i nostri umani limiti, ci lasceremo andare


Un cordiale saluto


B ) Vivere in un Paese civile è la speranza, credo, che ognuno di noi si porta dentro silenziosamente: molto spesso sopita e quasi mistica, tante volte vivace e reattiva. E’ un’altalena che fa sobbalzare anche il nostro cuore e ci riduce spesso all’aporia.
Vivere in un Paese civile può voler dire, pure, sforzarsi di essere giusti con gli altri, almeno quanto tolleranti e permissivi siamo con noi stessi;
Ed essere giusti, in Politica, significa saper valutare le scelte proprie e degli altri in sintonia con il principio e sulla base di notizie certe o, se ci sono, di documenti.


Una delibera del Consiglio comunale





Il Consiglio comunale, come già indichiamo nell’inserto di spalla, ha deliberato di ricorrere ad uno o più consulenti esterni, per fare fronte a sue esigenze di carattere amministrativo. La notizia, certamente, suscita un certo interesse, ma anche stupore.
Non ha senso, infatti, , o meglio non avrebbe senso , nominare personale esterno per amministrare un Comune, sia pure importante, che già dispone di un Segretario Comunale, di quattro capi servizio, di un avvocato; ma, ancor di più, di un sindaco , di una Giunta e di un intero Consiglio comunale.
Il Consiglio comunale è l’ambito in cui, direttamente e per il tramite di commissioni, dovrebbero maturare le scelte di principio e quelle fondamentali del Comune. Ma è anche l’Organo d’intelligenza , in quanto eletto e deputato alla preparazione dei progetti di gestione, sia di carattere ordinario che straordinario. Basta farlo funzionare, per evitare costose consulenze, nocive alle casse comunali. In questo quadro non troverebbe posto, se non per una motivazione superiore, altra figura extramoenia.
E’ pur vero che sarebbero utili collaboratori con specifiche professionalità in vari settori, come la storia, l’Archeologia, la Musica, la sanità, la scuola, etc. Si può fare ricorso a tanti nostri concittadini, disposti ad impegnarsi senza compenso. Sono sicuro che se ne troveranno..
La proposta di delibera è stata certamente presentata e motivata; ci sarà stato un dibattito a cui hanno sicuramente preso parte componenti di maggioranza e di minoranza. Ci sarà stata una votazione. Credo che prima di fare un commento sul provvedimento sarebbe opportuno esaminare l’intero lavoro consiliare e le posizioni di tutti i gruppi , legittimi rappresentati del Popolo.
Non circolano notizie ufficiali , né censure di politici . le forze di maggioranza e quelle di opposizione non ne hanno fatto pubblica menzione.
Avremmo piacere di avere la delibera, dalla Giunta o dalle opposizioni, e saremmo ben lieti di esaminarla, per potere esprimere compiutamente il nostro pensiero ed aprire un dibattito. Sino ad ora, la nuova amministrazione si è organizzata, ripristinando lo status quo ante , con unica variante : la riduzione delle aree da cinque a quattro, cosa che abbiamo avuto modo di censurare, se non per il merito, per la forma e per lo scopo, che continuiamo a credere non essere quello dell’efficienza e del risparmio.
Per ricorre ad una ulteriore figura professionale, ci deve essere sicuramente una robusta motivazione, uno scopo e la disponibilità di bilancio. Ci sarà pure un profilo professionale correlato all’obiettivo e, certamente, una previsione di procedura per la scelta del nuovo organo di staff . Attendiamo di leggere la delibera , per avviare una riflessione collettiva a mezzo rete..
Dal nostro punto di vista è tempo di nominare il Difensore Civico, istituito, con l’approvazione dello Statuto, ed oggi necessario contrappeso di una maggioranza minoritaria che governa legittimamente.


UNA NUOVA AMERICA PER UN PRESIDENTE ERETICO SOCIALISTA







Negli Stati Uniti d’America , terra di una delle più antiche Costituzioni del mondo, scritta dai Padri Fondatori nel 1787 , la democrazia è la conquista di ogni giorno : una continua battaglia per eliminare le contraddizioni di una società dal grande fascino , ma macchiata da storie di ingiustizie e di prepotenze non sempre comprensibili.







L’America ha eletto da pochi mesi un nuovo Presidente: Barack Obama, un uomo africano per parte di padre( la madre, Stanley Ann Dunham, di famiglia bianca Kansas, laureata in Antropologia e sviluppo rurale ), le cui radici affondano nel continente da cui mosse il primo uomo per popolare la Terra. E’ una nazione di emigrati, già colpevole di genocidio e responsabile della prima catastrofe nucleare planetaria. Ma è anche la terra promessa in cui tutte le civiltà si sono miscelate, dando origine ad una nuova umanità geneticamente mista ,multiculturale integrata, che anche noi, qui a Oppido, stiamo incominciando a conoscere e che forse non siamo ancora in grado di governare.



L’America ha dato anche prova di grande generosità e ha fermato il nazifascismo , facendo risorgere l’Europa ; ma il suo sistema , spesso dominato dalle forze dell’egoismo, ha generato crisi economiche globali di catastrofica portata.







La crisi del 1929

Nel 1929 Il sistema capitalista mostrò, in una versione inedita e drammatica, tutte le sue contraddizioni, travolgendo l’economia statunitense e tutte quelle collegate al quadrante americano. Il 12 Ottobre di quell’anno è scritto nella storia del mondo come il giorno del “grande pericolo”. Nel volgere di poche ore la Borsa di Wall street, a New York, registrò una cifra imponente di vendite e di offerte di titoli. La perturbazione finanziaria apriva la via alla depressione che strozzò, di colpo, la sicurezza americana e cancellò l’immagine di una Nazione prospera, così come la definiva, appena qualche giorno prima, il Presidente repubblicano Herbert Hoover.

Il reddito nazionale andava ai ricchi nella maggior misura

La produzione industriale registrava risultati ai massimi livelli; le scorte di prodotti erano imponenti, ma economicamente improduttive perché invendute; Hoover non si rese conto dello squilibrio nella distribuzione del reddito nazionale che deprimeva la domanda interna, vanificando l’efficienza delle imprese ( il 5% della popolazione era destinatario di oltre 1/3 del reddito nazionale).
La democrazia americana reagì con una politica nuova, quella di Franklin Delano Roosevelt : il new deal ( nuovo corso). Il trentunesimo Presidente degli USA si dedicò, con irrequieto impegno, a fronteggiare una crisi così invasiva , da far temere la dissoluzione di quel grande e complesso Paese. Il New Deal fondava i suoi programmi su nuovi principi etici ed economici, di ispirazione neokeynesiana, nella seconda fase di applicazione: intervento dello Stato in economia, rimodulazione del modo di produzione capitalistico, tutela del lavoro. Il programma mirava a bonificare l’economia e contrastare l’avanzata del socialismo.

La lunga marcia di Roosevelt risollevò le sorti dell’America e del mondo, ma il suo programma, costruito su paradigmi socialdemocratici, dimostrò i limiti del libero mercato e la supremazia di un sistema liberal socialista, capace di coniugare la libertà e la giustizia sociale, il libero mercato e l’equità distributiva , l’individualismo liberal e la socialità.



LA CRISI DEI NOSTRI GIORNI



Qualche anno fa il fallimento della Lehman Brothers aprì una nuova crisi, come e forse più profonda della grande depressione, epilogo dello sfrenato modello liberista, rilanciato da Reagan, perpetuato da tutti i governi, anche da Clinton, e culminato nel bushismo bellicoso. Crisi annunciata da tante inascoltate voci , tra cui quella mai vacillante e martellante di Paul Krugman, premio nobel per l’economia 2008.

E’ arrivata l’ora di Barack Obama, come per Roosevelt. Lo scenario della crisi è ancora più grave di quello della grande depressione. L’impresa del presidente nero è al limite del più alto rischio. Passare da un mercato speculativo ad un regime di produzione e di scambio regolato non sarà facile.


Gli americani hanno dilapidato tutti i loro risparmi interni privati , hanno creato il più grande debito pubblico del mondo, esportando titoli in tutta la terra , hanno attratto e consumato risparmio dai Paesi emergenti e dall’Europa, hanno sostituito la guerra alla diplomazia, coinvolgendo l’Europa in un disastroso e temibile scontro tra il mondo cristiano e quello islamico, hanno, infine, eletto un Presidente “ eretico” che ha la grande missione di difendere la libertà, la democrazia, la pace di tutti gli americani, contro gli insiders di regime che spingono a mantenere i privileggi delle caste e le miserie del grande popolo. Obama è un socialista – scriveva un giornale conservatore americano, in tono dispregiativo – che vuole una sanità pagata per tutti dai ricchi, una nuova giustizia contributiva che penalizzi il capitale, maggiori tutele del lavoro che impediscano una adeguata e necessaria flessibilità. Questo Obama piace a tutti i democratici del mondo ed anche a noi, italiani, che stiamo registrando un grande deficit di democrazia.













mercoledì 23 settembre 2009

OPPIDO MAMERTINA - UNA CITTA' CHE PUO' CRESCERE

LEGALITA’ E SVILUPPO – Il Porto di Gioia Tauro è un potenziale motore di progresso – E’ necessario un progetto di liberazione da tutte le mafie.



Oppido mamertina fa parte di una grande area geografica con importanti potenzialità di sviluppo, ma con gravi ritardi che hanno creato spazi alla devianza sociale ed alla criminalità organizzata.

- Le mafie bloccano i processi di crescita -


Il porto di Gioia Tauro, tra i più importanti e moderni d’Europa, era, e lo potrebbe ancora essere, una grande speranza.
Il Porto nasce per servire un’area del Mezzogiorno e per limitare il gap infrastrutturale, causa del sottosvillo delle Regioni del Sud. Arriva alla fine della politica ispirata alla programmazione, come appendice di una stagione di ricostruzione del Paese e di grande e diretta presenza dello Stato nell’economia. Non passa , però, insieme al Porto, il piano di rilancio industriale della Piana e dell’entroterra, indispensabile e complementare per dare una risposta compiuta, razionale e concreta alla domanda di capitale che un’economia agricola assistita ed arretrata non aveva potuto generare ed accumulare per gli investimenti di scopo: in Calabria la “borghesia agraria” ha mantenuto le nostre campagne nel disaggio, sciupando le ricchezza create dal lavoro e dirottando i risparmi verso il Nord del Paese ( apriremo anche questo capitolo per individuare le responsabilità storiche del mancato sviluppo calabrese ) Il Porto di Gioia Tauro è un porto senza retroterra.

                                  - Un Porto senza retroterra -


L’espressione “porti senza retroterra” attribuita a Gioia Tauro si riferisce non solo alla localizzazione in un’area depressa, ma è intesa anche in senso culturale quale assenza di tradizioni marittime e portuali.” ( Maria Giuseppina Lucia – Università di Genova )
Nelle nostre scuole mancano corsi specifici di tecnica navale ed economia marittima, preposte a formare professionisti e tecnici del settore.

- Un Porto come polo di sviluppo -

Gioia Tauro, infatti, è un porto concepito dal governo centrale in funzione di incentivo di territori economicamente emarginati, nell’intento di conseguire utili esiti economici e sociali nella logica di realizzazione di un “polo di sviluppo”.
- L’insediamento è senza effetti -

Ma gli effetti indotti dall’opzione politica dovevano a lungo risultare inferiori alle attese. In un primo momento al porto sono state assegnate funzioni di industrializzazione, vale a dire di porto di rifornimento del Quinto Centro Siderurgico programmato negli spazi portuali adiacenti. Ma le vicende internazionali dell’industria di base e la normativa di settore dell’UE, inducono a ripensare le strategie di politica economica, progettando un “centro energetico” che doveva integrare strutture portuali di sbarco di materie prime e strutture di produzione di energia termoelettrica. Anche in questo caso <<  la crisi e le successive fluttuazioni del mercato del petrolio, nonché la conseguente diversificazione del bilancio energetico del mondo industrializzato, rilevano le connotazioni di segno negativo di una programmazione orientata prevalentemente a corrispondere a questioni urgenti e immediate nella tradizionale ottica delle politiche di intervento straordinario, inadeguate ormai ad avviare processi di sviluppo territoriale.>>(Muscarà e Pedrini, 1978).

L’intervento è stato reale, vale a dire un investimento di capitali e non già una normativa previsionale inoperosa e fittizia, come potrebbe essere l’istituzione di parchi, di organismi amministrativi intermedi, di aree metropolitane: tutti apparati che producono spesa pubblica aggiuntiva senza ritorno di finanza o creazione di rendite, sovente inventati in assenza di codifiche concrete, mutilati da reali previsioni di crescita e sviluppo ed affidati alle sorti di un solitario destino e ad improvvisati pianificatori, privi di una sufficiente cultura di progettistica economica e di necessarie esperienze.
Tutto ciò appare ancora più evidente se si considera la fase successiva che ha conferito allo scalo calabrese funzioni commerciali, commisurate al riferimento di una domanda sovralocale. Per qualche anno le strutture portuali, nel frattempo completate, hanno operato perciò in misura assolutamente sottodimensionata rispetto alle loro potenzialità, con gli inevitabili fenomeni di degrado e di costi economici e sociali facilmente immaginabili.
Alla svolta degli anni Novanta del ventesimo, una società privata, la Contship Italia, ha riservato a Gioia Tauro una particolare attenzione, attirata decisamente dalla favorevole posizione geografica. Quest’ultima, infatti, configura una situazione di baricentro dello scalo calabrese che corrisponde a un’esigenza delle strategie di impresa attualmente predominanti, orientate all’organizzazione di un sistema logistico che riunisce la prestazione di servizi alla nave e alla merce in un ristretto numero di porti, i quali sono chiamati ad assumere un ruolo strategico all’interno di una rete attiva a livello planetario, e regolata da una gestione accentrata estesa a tutto il complesso delle attività trasportistiche.
A far data dal 1993, in forza di un “Protocollo di Intesa” siglato dalla Contship Italia e dal governo centrale, il porto di Gioia Tauro si è inserito all’interno di un’organizzazione reticolare a scala mondiale. L’allestimento di un terminale di transhipment, realizzato per la gran parte (280 miliardi) con capitali privati, e per una quota più contenuta con finanziamenti governativi (132 miliardi) a favore delle imprese del Mezzogiorno e con i fondi stanziati dall’Unione Europea per lo sviluppo dell’occupazione nelle aree depresse, restituisce l’immagine di un’attività economica che si evolve in una logica di separatezza dal contesto regionale.
In tal senso è interessante documentare il passaggio del controllo del Mediterranean Terminal Center all’Eurogate di Rotterdam che attraverso processi di fusione ha assorbito la European Container Terminal (ECT) e l’Eurokai di Amburgo partecipata dalla Contship Italia, rafforzando decisamente la presenza di Gioia Tauro sulla scena internazionale (MCT, s.a).

  - Un disegna dall'alto -

Da una attenta considerazione delle implicazioni portuali all’interno dello sviluppo regionale, emerge con chiarezza che lo scalo calabrese disegna una situazione fortemente connotata da linee di programmazione dall’alto, tendenzialmente indifferente alla realtà locale, e perciò invariabilmente inadeguata ad assicurare la rimozione della marginalità della regione rispetto alle direttrici dello sviluppo economico.
Studi autorevoli impegnati in una ricerca in tal senso, hanno già indicato e discusso come alla presenza del porto non hanno fatto riscontro trasformazioni particolarmente significative, riferendo le evoluzioni più rimarchevoli esclusivamente alla creazione di posti di lavoro. Il problema dell’occupazione è stato ampiamente valutato in ogni sua implicazione ed esteso non solo all’attività del MTC, ma anche all’intera e complessa catena di prestazioni di servizi del porto. Da ciò l’esigenza di individuare due grandi categorie di servizi portuali, una formata dalle attività direttamente connesse al transhipment vero e proprio, e la seconda da altri comparti che riguardano esclusivamente i servizi alla nave e alla merce. La varietà dei contenuti di quest’ultima tipologia contempla la presenza di soggetti diversi, appartenenti sia al settore dell’imprenditorialità privata (agenti marittimi, riparatori di container) sia a quello della pubblica amministrazione (dogana, capitaneria di porto).
 
 - Un investimento reale -
 
E, dunque, un investimento reale non è valso ad incrementare occupazione ed imprenditoria, tanto da dare una spinta allo sviluppo dell’area.. La classe dirigente dell’intera area della Piana di Gioia tauro, ed anche delle Province più prossime, ripudiata la cultura della programmazione territoriale, in nome di una ventata europea di liberismo thatcheriano, attratta dal nuovo corso di politica economica, spesso fondata su inconcludente creatività, sterile rispetto ai problemi reali del Mezzogiorno, ha ripreso a puntare, anche per reminiscenze nostalgiche veterofasciste, su progetti d’immagine di ridondante titolazione, ma privi di contenuti e di sostanza.

- Le speranze dei Comuni dell'Area -
       la nostra area PIP


Oppido Mamertina, come tanti altri Comuni dell’entroterra, aveva creduto ad un’imminente epopea di sviluppo ed ha creato lo strumento urbanistico necessario per diventare zona produttiva industrializzata ed attrattore di nuova economia . L’Area PIP è stata letteralmente abbandonata non tanto per l’oscuramento delle prospettive delle politiche locali ( l’area può essere provvisoriamente adattata anche allo svolgimento di attività dopolavoristiche, ad insediamento di fiere e ad altro, arredandola nei limiti del possibile e tenendola pulita e disponibile ) per quanto dalla inoperosità degli Enti di programmazione regionale e provinciale che hanno perso, se mai lo abbiano trovato, il filo della nostra storia.

L’obiettivo della politica, laddove è carente altra iniziativa, non può essere solo quello di amministrare, governando i servizi d’Istituto, ma, almeno nella nostra visione, deve essere quello di creare le premesse ed anche le occasioni per la piena occupazione e per l’evoluzione positiva delle condizioni sociali e culturali della collettività.
Il federalismo amplierà i compiti delle municipalità, gravandole di notevoli responsabilità politiche aggiuntive, che spazieranno sino a raggiungere obblighi di programmazione dello sviluppo territoriale nel quadro delle politiche economiche nazionali ed europee ( ma di questo ne riparleremo con altra proposta di discussione ).

                                                 - Il patto d'Area -

l’aumento della forza lavoro è direttamente correlata alla favorevole disciplina formulata nel contesto di un Patto d’Area”, che dovrebbe essere il programma cruciale di un Ente intermedio innovativo, per Reggio l’Area metropolitana ( con perimetrazione preventiva provvisoria tra i Comuni di Bagnara Calabra e di Melito Porto Salvo) pensata anche per questo, per la Piana la conferenza dei Comuni ( da costituire in forma permanente ), per l’area ionica il Comitato dei sindaci già operante, finalizzata a orientare la disciplina del mercato del lavoro in una direzione più rispondente alle reali necessità del territorio e delle imprese.

   - Quasi una Cattedrale nel deserto -


A ben vedere alle aspettative create dalla metafora della trasformazione dell’ennesima cattedrale del deserto nel più importante scalo del Mediterraneo per traffico container, non sono conseguiti apprezzabili risultati. ( M.G. Lucia )
In estrema sintesi le imprese percepiscono la potenzialità che discende in termini logistici dall’utilizzazione dello scalo di Gioia tauro. Ma soltanto alcune ritengono di poter modificare l’instradamento delle merci. Il Porto di Gioia Tauro costituisce per il momento soltanto uno strumento potenziale di sviluppo territoriale locale in grado di avviare impulsi su tutto il territorio economico del meridione.
I Comuni hanno un ruolo essenziale , che non si risolve nella gestione della quotidianità, ma si dovrebbe manifestare in tutta la sua forza propulsiva nel guidare la nostra società ad uscire da un isolamento di costumi, assai condizionati da poteri illegali, nel silenzio dei cittadini rassegnati e nella atarassia di uno Stato forte con i deboli.
Antonio Frisina









martedì 22 settembre 2009

LA VIA DELLA VIOLENZA

  Le recenti tragiche notizie di morti violente avvenute nella Piana di Gioia Tauro e nel territorio del nostro stesso comune, ci invitano a qualche riflessione intorno alle cause, in generale, della violenza stessa.
 
  Il ricorso alle armi per dirimere conflitti ed imporre una supremazia è una pratica diffusa non solo in determinati ambienti della nostra società, ma anche e sopratutto, a livello planetario, nei rapporti fra Stati e, all'interno di molti Stati, nelle lotte intestine per la conquista del potere politico. Per non parlare, poi, delle tante occupazioni militari compiute, nel corso della storia, con la forza delle armi.

  La soppressione violenta di vite umane sembra essere tuttora una pratica privilegiata in molte parti del mondo per la soluzione di problemi di convivenza , per la difesa del territorio , per lo sfruttamento economico di risorse naturali.

  Il fatto stesso che vi sia una incessante produzione di armamenti , nel mondo, per importi di spesa che fanno semplicemente rabbrividire, sta a significare che l'uso delle armi e della violenza , quale che sia il fine proclamato, non smette di interessare il nostro pianeta.

  I Potenti che, nel corso della storia dell'umanità, hanno fatto ricorso alle armi , neppure si contano.
  Il loro esempio , in molti casi,  costituisce  una sorta  di " istigazione" alla violenza, un incitamento che viene  sistematicamente raccolto dalle fasce meno civilizzate e acculturate della società.

  Il fatto, poi, che molti politici ed amministratori della cosa pubblica  approfittano delle loro cariche per arricchirsi  illecitamente, sguazzando nel torbido alla faccia delle persone oneste , non può che incoraggiare ulteriormente la delinquenza ed agevolare il diffondersi del malcostume e dei metodi violenti.

  Perchè scandalizzarsi, allora, del fatto che qualcuno imbracci una lupara per sopprimere un suo nemico ?

  C'è un gran bisogno di cultura e di dialogo fra gli uomini.

  Pino Frisina

sabato 19 settembre 2009

Rimanere o no in Afghanistan ?


La tragedia che si è consumata qualche giorno fa in Afghanistan ai danni del contingente militare italiano e che ha fatto contare parecchi morti e feriti ci impone una riflessione serena sulla opportunità o meno di far rimanere i nostri ragazzi, partiti per una missione di pace, all'interno di un teatro di vera e propria " guerra ", quale si va ormai delineando da parecchi mesi.

La mia idea, a riguardo, è che alle armi si debbano sostituire la politica e la diplomazia e che bisogna fare ogni sforzo in questa direzione. Il nostro compito non dev'essere quello di  " esportare la democrazia ", come sostengono i fautori dell'intervento militare in varie parti del mondo : per esportare qualcosa bisogna averla e, sinceramente, penso che in questo momento è l'Italia ad avere bisogno di più democrazia.

Invito i nostri lettori ad intervenire sul tema e a partecipare al sondaggio pubblicato accanto.

Pino Frisina

mercoledì 16 settembre 2009

Perchè Berlusconi rimane così popolare ?

    E' singolare il fatto che l'attuale  Presidente del Consiglio dei Ministri, on.le Silvio Berlusconi, conservi ancora , secondo gli ultimi sondaggi disponibili, una discreta popolarità fra i cittadini italiani. Quasi che gli siano state perdonate le " marachelle " e le " malefatte " di cui viene accusato con sempre maggiore insistenza da molti Giornali italiani ed esteri.
   Pensiamo che sia utile aprire un confronto , all'interno del blog, sul tema specifico, ascoltando la voce dei nostri lettori, così da approfondire l'argomento e chiarirci meglio le idee in proposito.
   Invitiamo tutti , pertanto, ad intervenire e a dare una risposta alla domanda : " Perchè Berlusconi rimane così popolare, nonostante tutto ? "
  
   Consulta il recente sondaggio di Repubblica

martedì 15 settembre 2009

MANIFESTO DELL'ARCOBALENO. Anche l'Avv. Rugolo ha risposto alle nostre domande.

Caro Giuseppe, Ti ringraziamo per la considerazione che presti al nostro spazio e perchè ( non voglio sfiorare la suscettibilità di nessuno , se mi permetto di apparire uno dei sostenitori dell'Ospedale ),  dai un notevole contributo a tenere vivo l'argomento . mentre a Roma Il Governo sta esaminando le linee del Piano, presentato dalla Regione, da cui dipendono le sorti del nostro Ospedale. Appena Ieri, unitamente all'Avv. Giuseppe Ettore Frisina , nell'occasione  di un Convegno con l'On.le Fassino ,tenutosi a Reggio  Calabria, abbiamo ulteriormente  avuto modo di sentire autorevoli pareri sulla sanità calabrese, ricevendo utili consigli, che certamente seguiremo.Sarà nostrro impegno tenervi tutti informati.

Caro Totò,
come concordato, in allegato Ti invio il testo del manifesto affisso questa sera.
Come Ti ho anticipato, ho inteso affidare a questo scritto il mio (e di
Arcobaleno che si è riunito giovedì sera) punto di vista.
Sono convinto che la mia attività amministrativa abbia concorso a
scongiurare la chiusura totale dell'ospedale e, altrettanto sinceramente,
credo che ancora, con pazienza e determinazione, sia possibile fare dei
passi avanti per recuperare altre e più importanti funzioni allo stesso,
soprattutto quelle legate alle urgenze, che costituiscono forse le più reali
e immediate esigenze di un territorio interno e che, comunque, rappresentano
lo strumento attraverso il quale è possibile garantire un po' di serenità a
chi in questo territorio per scelta o necessità ha deciso di vivere.
Spero di essere stato esauriente; comunque, se sarà necessaria qualche
integrazione non hai che da chiedere.
Sei, naturalmente, autorizzato ad estrapolare le risposte dal manifesto e da
questa breve comunicazione.
Cordialmente,
Giuseppe Rugolo










CITTADINI

come è ormai a tutti noto, la Giunta Regionale, con Del. Nr. 548/2009 ha approvato il Progetto denominato “Le Case della Salute – Un modello metaprogettuale per la riqualificazione della rete ospedaliera regionale” presentato dal Commissario Straordinario Dott. Giuseppe Graziano, in base al quale l’Ospedale di Oppido dovrebbe divenire “Casa della Salute” e contemporaneamente svolgere funzioni ospedaliere di riabilitazione e lungodegenza con 62 posti letto.
Le Linee Guida del Ministero della Salute – e il Progetto regionale le fa proprie – stabiliscono che la Casa della Salute è una struttura polivalente e funzionale in grado di erogare materialmente l’insieme delle cure primarie e garantire la continuità assistenziale e le attività di prevenzione, nell’ambito delle aree elementari del distretto, corrispondente ad un bacino territoriale di 5.000 – 10.000 persone, 7 giorni su 7 per 24 ore (pag. 2 del progetto) e prevede, in sintesi, i seguenti:


 Servizi Sanitari (SSA): Punto di Soccorso Mobile – 118; Ambulatorio Prime Cure e Piccole Urgenze; Guardia Medica h 24; Ambulatorio Medici di Medicina Generale e Pediatri; Poliambulatorio specialistico; Punto Prelievo e Donazioni; Minilaboratorio Chimica Clinica; Diagnostica Strumentale di Radiologia – Ecografia – Mammografia – Ecodoppler – Elettrocardiografia – Prove da sforzo – Holter cardiaco/pressorio – Tecnologie informatiche di telemedicina e teleconsulto – Risonanza Magnetica e TAC attraverso Unità Mobili.


 Servizi Socio Sanitari (SSS): Consultorio familiare; Ambulatorio, spogliatoio e palestra per riabilitazione diurna; Servizio di Salute mentale; SERT; Assistenza Domiciliare Integrata.
 Servizi e Attività Sociali (SAS).

Il Movimento Arcobaleno, sul nuovo ruolo che la Giunta Regionale ha assegnato all’Ospedale di Oppido ritiene di dover esprimere il proprio punto di vista:


 È POSITIVO il fatto che la struttura oppidese mantenga funzioni ospedaliere, con incremento dei posti letto, perché con ciò la Chiusura dell’Ospedale è stata scongiurata e da questo dato si può ripartire per un rilancio dell’azione finalizzata al successivo incremento dei servizi ospedalieri, che dovranno essere rivolti anche ai pazienti acuti di medicina generale e chirurgia nonché a garantire le urgenze con un punto di soccorso idoneo e funzionale;


 È POSITIVO il fatto che con la Casa della Salute i servizi ambulatoriali verranno potenziati e incrementati;


 RIVENDICA al merito della precedente Amministrazione Comunale, se merito c’è, questo primo risultato, poiché esso è il frutto di una lunga opera di mediazione ma anche di aspre battaglie condotte in tutte le sedi istituzionali preposte (Regione, ASP e Conferenza dei Sindaci);


 NON CONDIVIDE i toni trionfalistici con i quali l’Amministrazione Comunale in carica ha accolto la notizia, sia perché quella parte politica ha sempre contestato la validità di un progetto del genere (basta ricordare i loro comizi elettorali).


 REPUTA COMUNQUE INSUFFICIENTI sia la tipologia sia la quantità dei servizi previsti rispetto alle esigenze di un territorio pre-montano e montano particolarmente disagiato sotto il profilo viario;


 RITIENE ANCORA VALIDA LA PROPOSTA avanzata dal Sindaco Rugolo all’ASP e alla Regione dopo averla CONCORDATA CON TUTTE LE FORZE POLITICHE E SOCIALI e che Arcobaleno ha riportato nel proprio Programma Elettorale Amministrativo; tale proposta prevede l’allocazione in Oppido di un Punto di Primo Intervento – un Reparto di Medicina con 80 posti letto (per acuti – degenza prolungata e riabilitazione) – una Chirurgia d’Urgenza con 8 posti letto (CH e Day Surgery) oltre i servizi di diagnostica e ambulatoriali.

ARCOBALENO, COMUNQUE, CONTINUERÀ LA PROPRIA BATTAGLIA CIVILE AUSPICANDO che l’Amministrazione Comunale in carica, ora che le vacanze estive sono finite, prenda finalmente in mano il testimone e si batta in tutte le sedi opportune per far accogliere quella proposta di potenziamento dell’Ospedale e, se possibile, ottenere anche di più… Vale a dire tutto ciò che ha promesso in campagna elettorale.

SE FARÀ QUESTO, ARCOBALENO SARÀ AL SUO FIANCO A DIFESA DEI SACROSANTI DIRITTI DEGLI OPPIDESI !!!



lunedì 14 settembre 2009

RICHIESTA DI CHIARIMENTI

Non conosciamo esattamente i motivi che hanno spinto l'amico Antonio Frisina a cancellare i suoi post e  altri interventi da lui richiesti o a lui comunque ascrivibili . Invitiamo lo stesso a chiarire pubblicamente le ragioni del suo operato, così da tranquillizzare i lettori del blog.

mercoledì 9 settembre 2009

Parliamo delle sorti del nostro ospedale, ovviamente al femminile

Si dice che noi donne diamo spesso nella vita prove di concretezza e le donne di Oppido non difettiamo di tale qualità.
Basta ricordare le proteste che in passato ci hanno viste protagoniste sia contro la paventata soppressione dell'ospedale sia contro lo spostamento della sede vescovile.
Non abbiamo ottenuto grandi risultati, ma abbiamo fatto sentire la nostra voce.
Certo le esperienze passate ci inducono oggi ad agire con prudenza ma non a disinteressarci delle sorti dell'ormai quasi ex presido ospedaliero, che per anni è stato il vanto della nostra cittadina e degli altri numerosi paesi vicini per l'elevata professionalità dei suoi operatori.
Da ciò che ho letto in tutti i blog oppidesi, mi par di capire che aleggia molta rassegnazione sulla sua soppressione con eventuale riconversione in lungodegenza e riabilitazione con annessa Casa della salute dove ci riceveranno i medici di famiglia , e mi domando se fino alla riconversione dobbiamo tollerare il graduale " smembramento ", la lenta agonia dell'ospedale , organizzata forse ad arte per evitare " inopportune" ed imbarazzanti proteste popolari.
Se gli ospedali vicini offrissero una buona assistenza sanitaria nulla quaestio, tacerei per evitare di essere tacciata ingiustamente di quel campanilismo al quale ricorrono "quelli" che potrebbero fare ma non fanno, potrebbero intervenire ma non intervengono, dovrebbero tutelare gli interessi dei cittadini ma non li tutelano.
E ALLORA MI E VI DOMANDO:
Fino alla realizzazione dell'Ospedale della Piana ( 5,10...anni) , che dovrebbe risolvere insieme alle altre creande strutture ospedaliere i problemi della sanità calabra ridando a noi calabresi la dignità di cittadini di serie A, quale sarà la nostra sorte se staremo male?
Ebbene ho sperimentato che se il malessere mi coglie dalle ore 20 alle ore 8 posso recarmi presso il P.P.I di Oppido dove troverò personale qualificato che suo magrado mi "spedirà" presso qualche altro ospedale se c'è necessità di approfondimento diagnostico ovvero mi presterà le prime cure e mi rimanderà a casa invitandomi a pagare il ticket di circa 25 E ( perchè noi paghiamo i non-servizi!).
Se il medico di turno ritiene necessario trasfermi altrove perchè sto proprio male potrebbe iniziare un lungo viaggio durante il quale egli stesso mi invita, in cuor suo,a raccomandare la mia anima a Dio sia nell'ipotesi che qualche struttura ospedaliera vicina mi riceva sia nell'ipotesi che io debba lasciare la mia regione per essere curata nella vicina Sicilia o Basilicata.
Se mi capita durante le ore diurne, allora è bene che mi raccomandi subito l'anima a Dio - è inutile recarsi all'Ospedale di Oppido poichè di giorno ne mantiene solo il nome: non possono riceverti neanche se paghi o stai morendo- salgo in macchina e per le strade che abbiamo
prego Dio o la Madonna di arrivare in tempo o a Gioia o a Polistena dove devo sperare di non fare attese di ore prima di essere soccorsa da medici che ho sentito " bestemmiare" per le condizioni da terzo mondo in cui sono , loro malgrado ,costretti a lavorare.
E allora, scusate il voluto sarcasmo, cosa possiamo ora concretamente fare?
Possiamo pretendere che fruendo di un servizio ospedaliero non ancora soppresso esso funzioni regolarmente 24 ore su 24 offrendo i servizi che noi contribuenti paghiamo come tutti gli altri italiani?
Possiamo permetterci di chiedere alle istituzioni di farsi portavoce delle nostre esigenze e di pretendere il funzionamento dei servizi fin quando non verranno soppressi?
Ogni proposta verrà pubblicata.
Carmela Frisina